Customer Experience: perché la satisfaction non è più attualità
di Omar Zampollo, Senior CRM & Customer Experience Consultant
Sono trascorsi ormai decenni da quando, per la prima volta, si è reso necessario misurare il livello qualitativo del proprio servizio per comprendere se si era considerati bravi o eccellenti o, al contrario, scarsi o addirittura poco raccomandabili. Maggior qualità uguale maggiore fatturato. Maggiore soddisfazione uguale maggiore visibilità. La qualità diviene eccellenza, quest’ultima viene riconosciuta istituzionalmente: il mio cliente è contento e premiarlo con una “fidelity card” è corretto, strategico e funzionale. E poi…nulla più.
Nel bel Paese non accade più nulla. Qualcuno inizia a parlare di CRM…la vera strategia da adottare per migliorare i processi di loyalty. Il CRM è ben altro e ormai lo sanno tutti. 2 aziende su 3 pensano di investire tempo e danaro. Lo si considera importante e strategico ma troppo costoso e troppo complesso.
Nel frattempo l’evoluzione sistemica del mercato ha portato alla creazione del CEM, acronimo ormai noto di Customer Experience Management. I big player mondiali capiscono che è la via per uscire dalla crisi, la vera e unica soluzione per costruirsi un’immagine davvero differenziante rispetto ai competitor. La chiave di volta per creare nuovi ed importanti flussi di benessere.
L’ERA DEL CLIENTE
E le nostre aziende? Le ultime indagini parlano di mancanza di cultura e competenze. Le strategie sono ancora troppo focalizzate sul prodotto; migliorare la qualità è più importante che conoscere i propri clienti. Questa è però l’era del cliente e della comunicazione dinamica; Forrester l’ha addirittura denominata “l’economia dell’esperienza”. La cultura dell’esperienza è traducibile in maggiore attenzione ai dettagli: dal sorriso di una commessa fino al clima aziendale, dall’analisi scrupolosa del dato fino al coinvolgimento trasversale di ogni singola risorsa aziendale. Non più obiettivi di reparto ma obiettivi che impattano su tutte le business line al fine di preservare l’ecosistema della customer experience.
Eccezion fatta per quelle poche eccellenze internazionali, si è fatto poco o nulla per avvicinarsi all’era dell’esperienza. In questi modelli di business si è passati dal customer service alla customer experience. Il servizio è stato sostituto dall’esperienza, trasversalmente su qualsiasi punto di contatto. Gli store sono diventati luoghi di intrattenimento e di relazione dove, attivando i sensi, si creano emozioni solide e di benessere che generano esperienze uniche e replicabili. Di queste esperienze se ne parla in maniera sempre più differenziata attivando automaticamente quel circolo virtuoso del passaparola che diviene il vero ed efficace canale di comunicazione capace di influenzare il consumatore. In quest’epoca parlare quindi di sola soddisfazione non è più sufficiente per acquisire quote di mercato. Oggi l’azienda si misura su come viene percepita e su quello che lascia dentro. Un ribaltamento totale delle logiche di mercato. ”Finalmente!” dico io. Finalmente, direbbero anche le associazioni dei consumatori.
Il cliente non è più un’entità da “usare”, rispettosamente parlando, per i proprio obiettivi di business. Grazie alla sua approfondita conoscenza del tutto, è diventato il motore stesso dell’azienda. Lui conosce chiaramente se stesso; lui conosce, ancora meglio di tanti professionisti, l’azienda con cui ha interagito. La famosa sciura Maria al timone della nave. Chiaramente è una provocazione! Lei non potrà governare un consiglio di amministrazione ma certamente conosce meglio il cliente, perché lei stessa è cliente. Ha un’idea più chiara di quali difficoltà ha dovuto incontrare parlando con l’operatore del contact center o quanto è stato difficile interpretare i cavilli amministrativi di un contratto d’acquisto. Sicuramente ricorderà molto bene il sorriso di questo o quel commesso. Tradurrà queste esperienze in azioni concrete e migliorative portando nuovo benessere.
LA PIRAMIDE DELL’ESPERIENZA
Il cliente oggi ha talmente tanto potere che la sua esperienza può e potrà spostare l’asse decisionale degli altri consumatori. Il successo o l’insuccesso di un brand dipenderà da quanto quest’ultimo sarà capace di ammettere i propri sbagli correggendoli in nuovi vantaggi. Non è più possibile trascurare la divulgazione di un messaggio positivo ma, soprattutto, negativo.
Il cliente è il vero ambasciatore del marchio; la sua esperienze è la miglior garanzia per gli altri.
Un esempio,sotto gli occhi di tutti, è certamente Amazon. L’informazione è ampia, diffusa e trasparente. Il pensiero del suo cliente è al primo posto, la sua voce è primaria. La sua crescita è esponenziale e non è certo una questione di prodotti o di marketing. La sua ragion d’essere è l’affidabilità, la semplicità e il piacere di far affari con un’entità invisibile. I tre livelli piramidali della CX: soddisfare il bisogno, facilità di utilizzo, piacere nel farlo.
Amazon sa chi siamo e cosa vogliamo…oggi e domani. Per quest’azienda non siamo semplici clienti ma “ospiti di una festa”!
Cito un secondo esempio. Jim Stengel, ex General Manager di P&G, disse: “Prima di vendere bisogna coinvolgere il cliente e costruire un legame affettivo…non stiamo più vendendo un prodotto o un marchio ma un servizio e un’esperienza”. La sua citazione si commenta da sé.
Ma quanti decenni dovranno ancora trascorrere prima che venga riconosciuta una certificazione dell’esperienza?
La questione non è banale tanto meno di facile applicazione; fare customer experience richiede metodo, applicazione, conoscenza e costanza.
Non servono piani d’investimento da capogiro; serve solo conoscere in maniera approfondita il proprio cliente ed una condivisione costante delle informazioni tra tutte le funzioni. E’ necessaria la volontà di rivedere i processi organizzativi affinché la motivazione delle risorse sia massima e costante; ognuno deve poter dire: “come posso creare maggior valore per il cliente… ogni giorno, per ciascun cliente, per ogni prodotto, con qualunque touchpoint, ad ogni interazione?”
La CX IN 4 MOSSE
- normalizzare e customizzare i dati
- ascoltare il proprio cliente coinvolgendolo nell’individuazione delle negatività e rispondendogli in tempo reale (specialmente quando si presenta un problema)
- analizzare i dati per definire un strategia oggettiva e concreta
- motivare e premiare i collaboratori rendendoli, in primis, parte di un disegno più ampio.
La CX è impercettibile ma al contempo vivibile e migliorabile quotidianamente. E’ multi sensoriale, è emozione e benessere, è il piacere di una voce accomodante, è la soddisfazione di aver risolto una necessità, è semplicità di accesso alle informazioni.
Ancor più del CRM, la Customer Experience non è tecnologia. La Cx è prima di tutto cultura del fare e del fare bene. E’ necessario rivedere la propria visione d’insieme condividendo il cambiamento con tutti i livelli e, solo successivamente, si può e si deve affidare il proprio ciclo operativo alla tecnologia, intesa come vantaggio competitivo che semplifica la relazione da e verso l’esterno. A cosa servirebbe uno strumento iper sofisticato che ti permetta di controllare i bigdata se poi non c’è la volontà di analizzare i contenuti?
La tecnologia ti permette di essere un passo avanti ma solo se serve al cliente; lui ha scelto il canale d’interazione.
Essere quindi nell’era del cliente significa essere nell’era della consapevolezza. Il cliente non è più semplicemente “al centro dei miei pensieri” se poi ci si dimentica di rispondere ai suoi quesiti. Il cliente non è più centrale alle strategie; il cliente è la strategia stessa che lui definisce sulla base dei suoi bisogni e suoi interessi.
Accettando una riorganizzazione sulla base delle esperienze dei propri clienti, si diverrà automaticamente il vincitore di quest’epoca. Il cliente gliene sarà grato e avrà modo di parlarne a lungo. Dalla qualità dell’esperienza, dipenderanno infatti la soddisfazione, la fedeltà e la brand awareness.